Volontari del presidio di Cuneo a Cascina Arzilla

ANNA CATTANEO – “L’Italia è malata: curala! Comincia dai beni confiscati!”: finisce con questa battuta uno spot che i volontari del presidio “Daniele Polimeni” di Cuneo hanno girato, un pò per gioco un pò sul serio, durante il weekend trascorso a Cascina Arzilla.

Un nome promettente per il progetto che l’associazione Acmos e il presidio “Antonio Landieri” vogliono realizzare a Volvera, 20 km da Torino, in un rudere confiscato a un narcotrafficante (ora in libertà).

La cascina, che sarà inaugurata il primo giugno, ospiterà diverse attività e appuntamenti: ci sarà un orto didattico con erbe aromatiche per i bambini delle scuole, il festival “Orme” con gruppi di teatro-danza-musica di impegno civile mentre a luglio arriveranno da tutta Italia i giovani di Libera per il loro primo raduno nazionale.

Nel frattempo resta ancora molto lavoro da fare per rimettere in sesto la struttura e il terreno circostante. Per questo motivo Gianluca, Daniela, Francesco, Giulia, Gabriele, Virginia e Anna del presidio di Cuneo hanno deciso di contribuire al progetto lavorando per due giorni nella cascina.

Fra rastrelli, carriole, stucco e pennelli, si sono dati da fare e hanno pulito il giardino infestato dalle ortiche e imbiancato i muri di quello che diventerà il bar/cucina.

Non sono mancati i momenti divertenti e la telecamera è stata una scusa ideale per inscenare qualche gag approfittando della somiglianza con i poliziotti della scientifica che nei telefilm lavorano in tuta bianca e mascherina.

“E’ stata un’esperienza molto arricchente e molto faticosa, ma ne è valsa la pena” ha commentato Giulia mentre Gabriele ha ricordato che anche il presidio di Cuneo vorrebbe trovare un luogo simile per stabilire una sede e creare un centro di aggregazione giovanile che ospiti le attività di Libera.

Per farlo, però, servono fondi e una struttura (forse la famosa “Casa delle Associazioni” a lungo promessa dal Comune di Cuneo?) che per ora non si trovano.

Intanto i volontari del presidio “Daniele Polimeni” tornano a casa con braccia e gambe indolenzite, ma la certezza di aver concretizzato un pezzo di quella lotta alle mafie che passa anche attraverso l’avere spazi fisici per incontrarsi, conoscersi e confrontarsi.

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