L'universo parallelo della prostituzione indoor

Pubblichiamo un contributo del presidio “Gelsomina Verde” di Mondovì.

“L’UNIVERSO PARALLELO DELLA PROSTITUZIONE INDOOR

 La cittadinanza monregalese non si è stupita quando il 30 maggio è uscita sul web la notizia del provvedimento di chiusura del centro massaggi cinese in via Diaz 3 a Mondovì per sfruttamento della prostituzione, in un operazione condotta dai militari della Tenenza della Guardia di Finanza e degli Agenti della Polizia Locale.

Questo perché l’attenzione rivolta al locale aveva destato forti dubbi sia da parte delle forze dell’ordine sia dai cittadini monregalesi che fin dall’inizio nutrivano sospetti sui massaggi “orientali” praticati all’interno. Le parole di coloro che abitavano nei dintorni sono eloquenti: si vedevano uomini entrare e uscire ad ogni ora e si sa che le voci corrono, soprattutto in un centro piccolo come il nostro.

Il nostro presidio aveva già pensato a questa situazione nell’ottobre del 2011 con la fiaccolata in ricordo di Joy, giovane nigeriana trovata uccisa a Novara per motivi non chiariti del tutto, sapendo soltanto che la ragazza stava cercando un aiuto per uscire dal circuito della prostituzione.

Dopo quella serata abbiamo avuto riscontri dai cittadini monregalesi e purtroppo anche da coetanei, che parlavano  per esperienza diretta o per sentito dire, di massaggi spinti e in alcuni casi di prestazioni sessuali consumate all’interno del locale.

C’è stata un’alternanza di gestioni all’interno del centro e numerosi controlli. Poi la chiusura.

Mondovì quindi non è immune dal problema dello sfruttamento della prostituzione.

Il mondo dell’indoor, la pratica dell’attività di meretricio al chiuso, è un mondo sommerso così vicino a noi al punto da sembrarci lontano ma anche difficile da scoperchiare: queste donne possono trovarsi negli appartamenti del nostro palazzo, solitamente ai primi piani, per evitare di destare sospetti con il continuo via vai, e in seconda analisi si fa fatica a riconoscere lo sfruttamento o l’induzione a prostituirsi.

La legge italiana infatti non punisce chi vende prestazioni sessuali volontariamente ma chi viene sfruttato, indotto e obbligato a fare questa attività.

La richiesta di aiuto di queste ragazze nelle case è muta, in alcuni casi repressa in quanto, diversamente dalla strada, dove si avverte di più la condizione di sfruttata, molte volte si instaura con il protettore o protettrice un rapporto di falsa complicità al punto che la donna non si sente in mano ad un organizzazione criminale.

Insieme a questo dato di fatto però l’indoor è più difficile da raggiungere e contattare in quanto la vita sociale di queste ragazze è quasi azzerata, infatti il luogo di lavoro è anche la loro abitazione.

Mondovì a livello politico ha lavorato molto bene in questi anni debellando la prostituzione in strada con una doppia ordinanza una per l’outdoor l’altra per l’indoor.

Questa azione però non è stata seguita, in alcuni casi, da un uguale condotta dei comuni limitrofi ha portato le ragazza a spostarsi in altri luoghi come il comune di Cuneo o di Beinette.

Questo ci dovrebbe fare ragionare sulla effettiva funzionalità delle ordinanze inserita nel pacchetto sicurezza qualche anno fa. Un provvedimento “spot” o pirotecnico definito da alcuni se ad esso non viene seguito da un controllo diluito nel tempo.

Lo strumento ordinanza quindi si rivela inefficace, risulta essere, usando le parole del sindaco Stefano Viglione su questo tema, “una soluzione tampone, che richiede una norma nazionale in materia”. Purtroppo però sembra che la tratta di esseri umani in rapporto alla prostituzione sia un tema spinoso dove nessuno vuole prendersene le piene responsabilità: rimane un argomento di cui non si conosce la competenza, a metà tra le Politiche Sociali e le Pari opportunità.

Rimanendo nel locale troviamo una situazione in strada abbastanza rovinosa nel cuneese, Cuneo, Madonna dell’Olmo e Beinette, con alcuni comuni, come il nostro, che hanno lavorato bene, e l’universo parallelo dell’indoor che viene portato a galla ogni giorno ma anche qui ci aggiriamo su numeri alti per quanto riguarda le case e le ragazze interessate.

L’attenzione e il lavoro di contrasto però non deve essere fatto soltanto da Forze dell’Ordine e operatori delle unità di strada ma deve partire anche dai cittadini, i quali devono segnalare anche casi di prostituzione “sospetta”, e dagli amministratori condominiali, a volte attori chiave di questo fenomeno in quanto interessati da favoreggiamento con affitti in nero, più alti della richiesta o “chiudendo un occhio” su cosa succede all’interno dell’abitazione, magari dietro a ad un compenso in denaro.

Un lavoro di rete con attori diversi, quindi Forze dell’Ordine, Comuni, Associazioni e enti di settore, Servizi Sociali e cittadinanza porterà sicuramente a semplificare il lavoro in questo campo che oggi più che in passato sta diventando una piaga per la nostra società e manna dal cielo le organizzazioni criminali internazionali le quali dopo armi e droga ricevono proprio qui la maggior parte della liquidità.”

Presidio “Gelsomina Verde”

Ass. Libera contro le mafie – Mondovì